Il post che sto per scrivere viene fatto lentamente, scrivendo un pezzettino alla volta, con il solo scopo di chiedermi come educatore cosa non stia andando bene e cosa noi adulti potremmo fare.
Credo che un pedagogista, in un momento così doloroso, debba tacere rispetto alle soluzioni di sorta.
Comprendo la rabbia, tipica della fase iniziale del lutto, e comprendo il fatto che chi non sia esperto di educazione e di relazione abbia bisogno di sfogarsi, ma noi "esperti dell'argomento" non possiamo banalizzare con sfoghi da mercato un argomento tanto scottante che ci tocca così da vicino.
Gli eventi estremi accaduti negli ultimi tempi sono l'apice di un malessere che noi stessi, come adulti di riferimento, abbiamo creato e che, forse, alimentiamo.
Mi perdonino i genitori e i colleghi se uso questa frase così dura, ma oggi le istituzioni educative, la famiglia per prima, crescono i figli, ma non li educano. I genitori sono troppo presi da tutto, tranne che dal creare relazioni con i figli, gli insegnanti e noi educatori siamo troppo presi dal seguire le regole e gli adempimenti per fermarci ad incontrare i nostri ragazzi, il resto della società, ogni giorno, attraverso le trasmissioni televisive, le serie tv, i videogiochi, rende i violenti e i personaggi negativi quasi degli eroi. Alla fine, quando i nostri ragazzi sono materialisti, violenti, incapaci di amare, li riteniamo pure dei mostri. Mentre scrivo mi viene in mente il Minotauro, quella figura mitologica incomprensibile che la sua società ha generato e che mangia i ragazzi e le ragazze; il Minotauro è un ragazzo pure lui ingabbiato in un labirinto...
I labirinti sono le costruzioni che abbiamo realizzato per tenerli a banda, fatte di camerette spesso buie e un cellulare in mano, nient'altro.
Ora è difficile entrare nei labirinti, ma se non smettiamo di realizzarli, avremo più Minotauri che persone che potranno sfamarli; voglio dire che diventeremo tutti Minotauri.
La relazione con i ragazzi sarà allora più impegnativa, difficile stancante. Poi, ecco, forse la cosa più importante ci impegna a crescere: gli adulti siamo noi! Siamo adulti? Vogliamo esserlo?
Penso che davanti alla morte di questi ragazzi dobbiamo immergerci in un silenzio fertile, che ci spinga ad uscire dai soliti discorsi e ci impegni veramente. Ci interessa? Ci interessa abbandonare il nostro egoismo esistenziale sempre alla ricerca di attenzione narcisistica per passarle ad un altro amato per costruire un futuro migliore, anzi una possibile prospettiva di futuro?
Io lo spero. Un educatore non smette di sperare. Oggi la mia speranza è che gli adulti divengano responsabili della qualità della relazione educativa.
Prendiamoci uno spazio e un tempo per pensarci e capiamo come noi, non altri, nelle nostre relazioni educative, dense di futuro, possiamo smettere di nutrire la violenza.

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