Generare la marginalità e lamentarsene

 Le notizie di cronaca di questi giorni mi hanno fatto molto riflettere sulla posizione sociale ed educativa rispetto alla marginalità e al disagio sociale. 

Innanzitutto devo dire che ho ascoltato tantissime soluzioni fornite per queste piaghe. Dal politico all'addetto ai lavori, agli ecclesiastici alle persone nelle piazze, tutti davano soluzioni. 

Credo sia il momento di capire, prima di dare soluzioni.


E' il momento di avere uno sguardo critico sulla società che con le nostre azioni stiamo creando, sui comportamenti che assumiamo e sugli stili di vita che abbiamo. Tutti: dal politico a chi esprime pareri nel bar della piazza.

Forse, scopriamo che le violenze, gli omicidi, gli abusi, le morti sul lavoro e tutto il resto sono solo un lato, neppure tanto oscuro, del mondo egocentrico che ci piace tanto e di cui noi siamo i creatori.

L'indifferenza o meglio l'attenzione superficiale, che comincia in casa nostra, nelle nostre relazioni importanti, a mio parere, genera comportamenti problematici. Tutti cercano di avere tutto e, molti hanno tanto, ma non abbiamo più interesse. Quell'espressione di don Milani "I care"(mi interessa) che lo ha reso tanto famoso, non è più così attuale, purtroppo, neppure tra gli addetti ai lavori. 


E' sostituita dai "che ci posso fare", "non è mio compito", "sarà sempre così" oppure dalle azioni fatte per proteggersi e/o esclusivamente di facciata. 

Questi mantra che recitiamo ogni giorno, a mio avviso, ci inducono ad una passività pericolosa o, come dico io, a mangiare mentre dolorose immagini di guerra passano davanti ai nostri occhi. 

Veramente vogliamo lasciare un'impronta così deleteria sul pezzo di storia che stiamo vivendo?

A me piace tanto un termine che non sento più: lottare! Per i propri sogni , per cambiare qualcosa, per qualcuno di importante. 


Le fauci spalancate del disagio e della devianza sono attiratissime da chi è convinto che non serve a niente lottare. Quanti sedicenni non hanno la speranza che spinge alla lotta! Senza questi stimoli la vita, nostra e degli altri, non ha dignità. 

Infine, voglio concludere con un termine che, secondo me, è alla base dell'educazione oggi: speranza. Il papa, nell'Enciclica Fratelli tutti, dice delle parole estremamente incoraggianti su questa virtù:"la speranza è audace, sa guardare oltre la comodità personale, le piccole sicurezze e compensazioni  che restringono l’orizzonte, per aprirsi a grandi ideali che rendono la vita più bella e dignitosa".  

Concludo dicendovi che, secondo me, prima di passare alle soluzioni, bisogna guardare ai passi da fare per ottenerle e, responsabilmente, includersi  nei processi di cambiamento e di trasformazione. 

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